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Il mito di Alcesti e le sue elaborazioni a teatro e oltre

11,40 

Maria Diletta Strumolo

In copertina: Johann Heinrich Tischbein il Vecchio, dipinto raffigurante Eracle che riconduce Alcesti, strappata alla morte, allo sposo Admeto, 1780 ca.
Prefazione di Giuseppe Zanetto

Genere: Saggio
Collana «Gli Allori Boreali» [II]

978-88-97995-74-6 | pp. 192 | 14 × 21 cm | ottobre 2014

Descrizione

Tragedia a lieto fine, l’Alcesti è un esempio clamoroso dello sperimentalismo euripideo. Il poeta ripristina il datato impianto drammaturgico, caro al primo Eschilo, che prevede due soli personaggi dialoganti, e si produce in una spericolata commistione di generi. La “maschera” comica di Eracle, lo stereotipo buffonesco privo di profondità, è chiamata in scena per rimettere in moto la vicenda, arrivata a un punto morto. Euripide applica una sorta di paratragedismo rovesciato: la citazione comica aiuta la tragedia a recuperare il proprio senso più profondo.
Tutti questi elementi (il fascino della protagonista; la complessità intrigante della vicenda; la novità della drammaturgia) spiegano la fortuna di cui l’Alcesti ha sempre goduto, dall’antichità ai giorni nostri. Il saggio di Maria Diletta Strumolo ne percorre le tappe principali, dandone una ricostruzione informata, precisa, estremamente originale. A riprova del fatto che la cultura classica è l’indispensabile chiave di lettura della modernità.

Dalla Prefazione di Giuseppe Zanetto

Il mito di Alcesti e le sue elaborazioni a teatro e oltre