Un
arcano, insondabile legame unisce Davide, affetto
da grave disturbo bipolare, ai bizzarri umori del
Po che negli anni Cinquanta aveva allagato la casa
dei nonni facendo morire di crepacuore nonno Isidoro
e costringendo gli altri componenti della famiglia
Narcolessa a trasferirsi chi a Vigonza, chi nei pressi
di Ferrara... Proprio nel cuore della città
estense il protagonista, tra momenti di euforia, raptus
erotici, baratri depressivi, ricoveri spontanei e
coatti, grazie a un’intelligenza fervida, a
una grande sete di cultura e a uno straordinario senso
dell’ironia, riesce a rendere sopportabile e
unica la sua vita…
Prefazione
a cura di Francesca Rappoccio
Figlio
di Mercurio rappresenta per la forza, il coraggio
contenutistico e la verve comunicativa una novità
all’interno del panorama narrativo. È
un viaggio negli abissi della psiche umana, forse
un biglietto di sola andata per la follia, percorso
sui binari di un’esistenza dall’apparenza
normale e regolare.
È la storia di Davide, personaggio scomodo,
borderline, esaltato e divorato da turbe
psichiche che lo rendono ai più incomprensibile
e indecifrabile. Come fu per il pazzo ne La Gaia
scienza di Nietzsche quando comunicò alla
piazza del mercato che Dio era morto, anch’egli
subirà l’onta del rifiuto e della non
accettazione esistenziale. Il protagonista raffigura
il lato oscuro dell’uomo, rigurgito della società
“normale” la quale vorrebbe addirittura
cancellare traccia di quest’ombra che non può
assumere sembianze d’individuo. Anche questa
storia va raccontata e con audacia l’autrice
Gabriella Bertizzolo lo palesa quando ci pianta i
piedi a terra e ci costringe ad aprire gli occhi,
come Alex di Stanley Kubrick, trasportandoci nei corridoi
di un ospedale psichiatrico, tra ricoveri coatti e
pazienti coscienti della propria umanità disgregata
mentre noi, allibiti, assistiamo all’impenetrabile.
L’Autrice attraversa il solco della tradizione
novecentesca in cui l’io è visionario,
sminuzzato, tozzianamente allucinato, nel quale l’inconscio
ha il sopravvento sul conscio. Ma il nostro “figlio
di Mercurio” non appartiene alla realtà,
è consapevole delle sue manie, non cerca comprensione
per i gesti di autolesionismo o corrosione di una
famiglia già fortemente assente, ma leale accettazione
di una follia che può generare violenza.
Priva di toni critici è, inoltre, la constatazione
di una famiglia incapace a gestire tali problematiche,
ma che è lasciata sola e allo sbando ad affrontare
l’inferno. Si tratta di una contrasto interno
tra l’io e la patologia mai arrendevole, giacché
il paziente è divenuto capace di dominare i
meccanismi analitici appresi lungo l’arco della
sua intera vita.
La comprensione, il nostro Davide, la troverà
nel lettore e avrà un sostenitore in più
nell’Autrice, specialmente quando si assisterà
al sincero desiderio di esorcizzare la propria follia
in tentativi, un po’ maldestri e sconclusionati,
di imbastire relazioni interpersonali.
Per la bellezza e la complessità di anime,
l’opera si presta bene a una resa teatrale e
cinematografica grazie all’inserimento della
dimensione di inquietudine in un periodare brillante,
caparbio, intenso, fortemente chiaro e articolato.
La scelta di un lessico volutamente crudo e contraddistinto
da immagini sconcertanti, anche relative alle pulsioni
sessuali quasi animalesche, serve a eliminare filtri
nella descrizione dello squallore umano e del degrado
familiare che fungono da sfondo alle vicende: ogni
elemento è presentato con una certa durezza,
senza fronzoli illusori. L’intento è
generare un contatto diretto, graffiante quasi come
delle spine sulla pelle, poiché dal dissidio
interiore nasce la comprensione e da essa, in alcuni
casi, l’accettazione. Poiché figlio di
Mercurio, egli è dotato di un paio di ali che
lo portano in alto facendone una spola tra il genere
terrestre e la trascendenza e sottolineando ancora
una volta le sue funzioni di “messaggero”
tra l’uomo e Dio. Ecco spiegato chi è
il nostro protagonista: ignoto e imperscrutabile alla
maggioranza, in quanto collocato tra il terreno e
il divino, tra il conoscibile e l’incomprensibile.
Per concludere, l’Autrice affettuosamente conferma
l’aspirazione a riscattare quest’animo
impalpabile e inafferrabile che, in parziale incoscienza,
mantiene spiegate le ali, pronte a spiccare nuovamente
il volo.